Il rabarbaro è una pianta perenne del genere Rheum, della famiglia delle Poligonacee. Questo genere in realtà contiene una cinquantina di specie originarie della Cina, del Tibet e del Nepal. Esistono anche specie ornamentali del rabarbaro, come il Rheum alexandrae, il Rheum nobile e il Rheum palmatum. Il rabarbaro che si usa a scopo culinario è il Rheum x hybridum, che si coltiva per i gambi carnosi, rossicci e eduli. Attenzione a non mangiare le foglie del rabarbaro, che sono tossiche e provocano disturbi se ingerite a causa dell’alto contenuto di acido ossalico.
Il nome rabarbaro deriva da un termine latino, reubarbarum, ovvero radice barbara; questa curiosa denominazione fa riferimento al fatto che, anticamente, la pianta non veniva consumata nei Paesi occidentali; inizialmente infatti il rabarbaro veniva utilizzato soltanto a scopi ornamentali e medicinali; si dovette attendere il XVIII secolo prima che venisse usato come cibo. Esistono molte specie di questa pianta erbacea, diffuse soprattutto fra Asia ed Europa e appartenenti al genere Rheum; pianta assai voluminosa, il rabarbaro può raggiungere l’altezza di un metro e mezzo e altrettanto in larghezza. Le radici grosse, a fittone, sono usate per estrarre i principi attivi usati nelle applicazioni di fitoterapia e di medicina tradizionale cinese. Le foglie hanno piccioli lunghi e spessi, spesso con sfumature rossastre da giovani. La fioritura avviene da primavera inoltrata e in piena estate con fiori piccoli e bianchi.
Indice

Del rabarbaro si consumano solo i gambi carnosi (coste)
Rabarbaro – Coltivazione
La coltivazione del rabarbaro può riservare nell’orto, ma anche in una aiuola del giardino, ottime soddisfazioni: si tratta di una pianta molto facile da coltivare, poco esigente e con foglie ornamentali che si fanno notare.
Il rabarbaro è una pianta che ama zone ombrose e umide; è perfetto se coltivato vicino a uno specchio d’acqua o in una bordura umida o sotto l’ombra di piante alte. Tuttavia, è bene evitare il ristagno idrico. Non ama eccessivamente il caldo e può essere coltivato in tutta Italia: al sud è meglio metterlo a dimora in semi ombra. La pianta è rustica e resiste ai freddi invernali intensi. L’apparato fogliare si secca e scompare ma alla primavera ricaccia dalla radice.
Non è molto esigente in fatto di terreno: è sufficiente che sia moderatamente fertile e soffice, per dare modo alla grossa radice di svilupparsi bene. Per il suo sviluppo radicale importante, il rabarbaro difficilmente si sviluppa bene in vaso.
Il rabarbaro si coltiva iniziando dal seme, da interrare in semenzaio protetto a inizio della primavera. Quando la piantina si è sviluppata, può essere trasferita a dimora nell’orto dopo circa un mese, un mese e mezzo. La tecnica che dà più probabilità di successo però è la divisione del rizoma in più parti: ogni parte interrata darà vita a una nuova pianta. Si tenga presente che se si vogliono piantare più esemplari, occorre rispettare una distanza di almeno un metro tra una pianta e l’altra e, se la coltivazione è fatta per file, di due metri tra una fila e l’altra.
Le irrigazioni devono essere regolari e generose nella prima parte di germogliazione del rizoma o di crescita della piantina; in seguito, le irrigazioni possono essere diradate, anche se è bene mantenere sempre leggermente umido il terreno.
Se si coltiva il rabarbaro a scopo ornamentale, i fiori faranno bella mostra a partire da aprile, seguiti da piccoli frutti alati triangolari. Dal momento però che la fioritura sottrae energia dalla pianta, se si coltiva il rabarbaro per consumare i gambi, è bene tagliare i fiori appena sbocciano: si avranno così piante con gambi (coste) più grandi e robuste. Le coste di rabarbaro si raccolgono a scalare da aprile in poi, fino all’autunno, sospendendo la raccolta nei mesi più caldi. A fine autunno si può tagliare la pianta alla base, raccogliendo le ultime coste.
Il rabarbaro è una pianta molto resistente e per questo molto adatta a un orto biologico o un orto familiare: può soffrire solo di marciume radicale, se messo a dimora in un terreno non ben drenato.
Proprietà del rabarbaro in fitoterapia
Il rabarbaro viene utilizzato anche a scopi fitoterapici; a scopo medicinale si utilizzano generalmente le radici che hanno superato l’anno di età; quelle essiccate vengono commercializzate in piccoli pezzetti o in polvere, ma si trovano anche prodotti quali tisane, gocce, compresse, decotti ecc. Alcuni principi attivi presenti nella radice sono impiegati anche dalle industrie farmaceutiche.
In erboristeria la varietà più utilizzata è la Rheum palmatum; dal punto di vista delle proprietà fitoterapiche, tutte le specie della pianta sono molto simili, ma fra l’una e l’altra possono variare notevolmente le concentrazioni di determinati principi attivi (derivati idrossiantracenici, tannini e flavonoidi).
Il rabarbaro viene consigliato generalmente in fitoterapia per le sue proprietà aperitive, stomachiche, depurative e lassative.
Vista la notevole presenza di tannini, spesso la pianta viene consigliata in caso infezioni a livello intestinale e, per uso cutaneo, come astringente. Il rabarbaro viene altresì utilizzato per effettuare la disinfezione del cavo orale (risciacqui e gargarismi) e anche per trattare afte e ustioni.
Va precisato che l’utilizzo fitoterapico deve limitarsi al trattamento di disturbi di scarsa rilevanza clinica; un utilizzo eccessivo di prodotti fitoterapici a base di rabarbaro può essere infatti causa di irritazioni della parete intestinale; visti i suoi effetti lassativi, un utilizzo improprio potrebbe inoltre provocare diarrea e conseguente perdita di elettroliti. L’utilizzo eccessivo e prolungato, inoltre, può essere causa, nonostante le sue proprietà lassative, di costipazione; potrebbero anche verificarsi danni di una certa entità a carico della mucosa intestinale.
È sconsigliato il contemporaneo utilizzo di rabarbaro e farmaci ad azione diuretica, farmaci a funzione antiaritmica e farmaci a base di cortisone. L’uso è altresì sconsigliato alle donne in gravidanza e a quelle che allattano, in particolar modo a queste ultime, perché alcune sostanze contenute nella pianta possono conferire al latte materno un sapore alquanto sgradevole.
L’utilizzo è controindicato a quei soggetti che soffrono di colite, ulcera gastrica, morbo di Crohn, appendicite, calcolosi renale, prostatite, uretrite, fibromi e sindrome emorroidaria.
Come già accennato, è assolutamente sconsigliato l’uso delle foglie che, se consumate in discrete quantità, possono provocare disturbi anche seri (nausea, vomito, spossatezza, forte bruciore esofageo ecc.).

Pianta di rabarbaro
Il rabarbaro in cucina
A scopo alimentare si utilizzano soprattutto le coste della pianta; queste sono utilizzate per preparare torte salate e insalate; possono però essere consumate anche lessate. Le foglie vengono raramente utilizzate come surrogato degli spinaci, ma se sconsiglia fortemente l’uso; sono ricchissime infatti di acido ossalico, una sostanza dai notevoli poteri lassativi che può causare diversi disturbi.
Nei Paesi anglosassoni il rabarbaro viene utilizzato anche essiccato e infuso nel succo di frutta, in particolar modo in quello di fragola. Con il rabarbaro sono anche preparate marmellate in abbinamento ad altri frutti (mele, fragole, albicocche ecc.). In alcuni Paesi del nord Europa viene consumato, soprattutto dai bambini, il gambo di rabarbaro candito.
Altri usi in campo alimentare sono quelli relativi alla preparazione di aperitivi o di amari; per la preparazione di queste bevande il rabarbaro può essere utilizzato da solo oppure in abbinamento ad altre erbe.