La coltivazione del finocchietto è parallela alla raccolta spontanea di questa pianta. Il finocchietto si distingue dal classico ortaggio, il finocchio, perché ne è la versione selvatica e perenne che cresce spontanea nelle aree mediterranee. Dal punto di vista botanico, si tratta della stessa specie (Faeniculum vulgare), una pianta della famiglia delle Ombrellifere.
Il finocchietto è una pianta erbacea il cui fusto può raggiungere i 2 metri di altezza, le foglie sono frastagliate e ricordano il fieno (da cui deriva il nome latino di Faeniculum). Come tutte le piante della stessa famiglia, presenta infiorescenze a ombrello, con piccoli fiorellini (in questo caso, di color giallo). I frutti sono acheni e, per la loro forma, sono impropriamente detti semi. Il finocchietto non possiede il grumolo, che è il caratteristico ammasso di guaina bianca che si forma alla base del fusto, come accade nella versione coltivata. Per quanto riguarda il sapore, il finocchietto è molto più amaro del classico finocchio.
Volendo trovare la versione selvatica, è facile incontrarlo nei luoghi assolati e secchi, lungo muri o ai bordi dei campi coltivati. Anche se predilige le zone calde mediterranee, è facile vederlo in tutte le aree in Italia fino a circa 1000 metri di altezza sul livello del mare.
Finocchietto – Coltivazione
Per la natura rustica e selvatica, il finocchietto non richiede particolari terreni (tollera anche quelli calcarei) e cresce anche lungo i litorali e in zone sassose. Anche l’apporto idrico non è essenziale, anzi deve essere contenuto perché la pianta teme i ristagni. Una buona concimazione organica effettuata una volta all’anno, in autunno, è più che sufficiente per sostenere lo sviluppo della pianta.
Volendo coltivare il finocchietto selvatico, si parte sempre dal seme, che può essere messo a dimora direttamente in terra, a primavera inoltrata o inizio estate, o in semenzai protetti all’inizio della primavera. A dimora definitiva, la distanza tra le piantine deve essere di circa 30 cm, quindi nel caso di semina diretta occorre sfoltire le giovani piantine appena nate, analogamente come si fa per le insalate o il prezzemolo piantato a spaglio. I fiori si raccolgono quando sono ben aperti, nei mesi di agosto e settembre. Se lasciati sulla pianta, danno origine ai frutti che si raccolgono in autunno. All’approssimarsi dell’inverno, si taglia la pianta a filo terreno, lasciando interrata la parte sotterranea se non viene consumata. Nella primavera successiva i cespi possono essere divisi per una riproduzione della pianta alternativa alla semina.
Le principali malattie del finocchietto sono causate da funghi patogeni; di particolare importanza e pericolosità sono, infatti, la peronospora e l’oidio. Entrambe attaccano principalmente le foglie. Nel caso della peronospora, dapprima compaiono delle macchie (brune e violacee) e poi le foglie si accartocciano e seccano. Questa malattia può essere combattuta preventivamente con trattamenti a base di rame. L’oidio invece appare come una sottile polvere biancastra che nelle manifestazioni più gravi può ricoprire anche il fusto e i boccioli. Per debellare questa malattia si possono fare trattamenti a base di zolfo oppure di macerati di equiseto.
Utilizzo del finocchietto selvatico
Tutte le parti del finocchietto sono commestibili: le foglie o i giovani germogli possono essere usati per insaporire le insalate, mentre i frutti (in commercio sono indicati come semi di finocchietto) per aggiungere un tocco di originalità a carne, pesce, sughi, formaggi e biscotti. Inoltre, dal macerato di foglie e teneri germogli (usati appena raccolti per conservarne il sapore) si può ricavare anche un liquore. In erboristeria e fitoterapia soprattutto i frutti del finocchietto hanno impiego per le proprietà digestive e antispasmodiche, nella preparazione d’infusi e tisane, grazie all’olio essenziale che contengono, l’anetolo.
Come nel caso di altri rimedi di tipo fitoterapico, l’uso del finocchietto è riservato a problematiche di scarsa rilevanza clinica: come rimedio naturale, si suggerisce l’uso di prodotti fitoterapici a base dei frutti di finocchietto per migliorare l’alito, combattere la nausea e favorire l’espulsione di gas intestinali. L’utilizzo del finocchietto ha però effetti indesiderati e controindicazioni: i suoi frutti, se mangiati in notevole quantità, possono causare convulsioni.
Il finocchietto selvatico e piante simili
Oltre alla già citata versione dolce dell’ortaggio coltivato (finocchio), il finocchietto presenta analogie con l’aneto, con cui può essere confuso per via delle somiglianze con fiori e utilizzi in cucina. Tuttavia l’aneto e il finocchietto sono assai diversi, sia dal punto di vista botanico sia per sapore.