L’oleandro (Nerium oleander) è una pianta perenne sempreverde di tipo arbustivo della famiglia delle Apocinacee.
Classificazione – Genere: Nerium; famiglia: Apocinacee.
Origine – L’oleandro è originario dell’Asia, ma naturalizzato nelle regioni mediterranee, dove ormai cresce spontaneo. In Italia si trova soprattutto al Sud e in Liguria.
Habitat in Italia – Ambienti sassosi e sabbiosi lungo il greto di torrenti e fiumi. Sulle pareti di rocce, solitamente di origine calcarea da 0 a 200 m.
Usi – L’oleandro è ampiamente coltivato come pianta ornamentale per i giardini; nell’Italia del Sud è spesso usato per alberare le strade. Ha utilizzi anche nella farmacopea.
Etimologia – Il nome del genere,Nerium, deriva dal greco neros, umido, forse in relazione al suo areale costituito dalla macchia mediterranea. L’epiteto specifico deriva dal latino tardo lorandrum, deformazione popolare del greco rhodódendron, pianta somigliante con la quale può essere confuso.
Altri nomi – Mazza di San Giuseppe, leandro.
Curiosità – In alcune regioni italiane è diffusa l’usanza di coprire i defunti con fiori di oleandro.
Indice

A differenza di quanto si crede comunemente, i fiori di oleandro non sono solo rossi o rosa: il Nerium oleander ‘Casablanca’ porta fiori semplici bianchi
L’oleandro è velenoso?
Tutte le parti dell’oleandro contengono una sostanza tossica sia per l’uomo sia per gli animali, l’oleandrina: se ingerite, causano disturbi gastrici, disturbi del sistema nervoso (es. assopimento), bradicardia e problemi respiratori. L’oleandro è perciò molto velenoso e le foglie e il legno rimangono tossici anche dopo essere stati essiccati, inoltre non devono essere bruciati perché il fumo che risulta dalla combustione è molto pericoloso per le vie respiratorie.
Spesso però intorno a questa pianta si crea un allarmismo eccessivo: se mi accorgo che ho toccato l’oleandro, non devo preoccuparmi, perché il solo contatto non è sufficiente per assorbire la sostanza tossica, basta non toccarsi occhi e bocca con le mani e lavarsele accuratamente.
Oleandro – Coltivazione
L’oleandro ha fusti poco ramificati, arcuati, verdi da giovani e coperti da una corteccia grigia da vecchi, le foglie sono coriacee, con pistillo molto corto e nervatura centrale prominente; i fiori sono grandi e vistosi, a forma di campana, di colore variabile dal rosa al rosso al bianco, sbocciano all’apice dei fusti e hanno una corolla raggiata simmetrica a 5 petali con all’interno un’appendice piumosa.
Vita – Pianta perenne.
Dimensioni – Altezza: 10 m circa; larghezza: 8 m circa.
Tempo altezza massima – 16-17 anni circa.
Esposizione – L’oleandro può essere coltivato sia in vaso sia in giardino molto facilmente, resiste bene all’aridità e vive a lungo, perciò non richiede molte attenzioni. L’ambiente ideale è quello mediterraneo, caldo e soleggiato, infatti l’oleandro ha bisogno di molte ore di sole diretto per crescere rigoglioso. Le sue foglie coriacee trattengono l’umidità, quindi questa pianta tollera il clima asciutto e il vento salmastro.
Temperatura – L’oleandro sopporta bene anche il freddo, perciò può essere coltivato anche nelle regioni settentrionali dell’Italia, ma in inverno bisogna coprirlo con teli traspiranti e proteggerne la base con una pacciamatura. Bisogna considerare che al di sotto dello zero resiste solo per brevi periodi: nelle regioni dove il gelo intenso persiste per buona parte dell’inverno è meglio coltivarlo in vaso, così da ritirarlo in serra fredda fino al ritorno della primavera. Se coltivato in vaso, l’oleandro richiede un vaso molto profondo per l’ampio sviluppo delle radici.
Terreno – Questo arbusto si adatta a crescere in tutti i terreni, anche quelli più poveri di sostanza organica, ma se messo a dimora in giardino il suolo ideale è di medio impasto, possibilmente ben lavorato.
Fioritura – La fioritura inizia in primavera inoltrata e si protrae per tutta l’estate fino all’autunno.
Annaffiatura – L’oleandro richiede irrigazioni estive se la siccità è prolungata e se in vaso, altrimenti l’annaffiatura regolare non è necessaria.
Concimazione – La concimazione va fatta con concime organico a lento rilascio a novembre e a marzo, seguito da somministrazioni di concime liquido ogni 15 giorni per sostenere la fioritura.
Potatura – Nei primi anni di vita dell’oleandro è importante intervenire più volte con potature per incoraggiare l’infoltimento ottenendo rami secondari: più rami secondari ci saranno e più la pianta andrà a fiore. Quando l’oleandro invecchia, invece, è necessario provvedere a una potatura consistente per far sì che produca nuovi rami dalla base. Il taglio va fatto sempre al di sopra di un nodo fogliare e il periodo migliore è fra settembre e ottobre. Per approfondire l’argomento si consulti l’articolo La potatura dell’oleandro.
Moltiplicazione e impianto – La propagazione può avvenire per seme, ma si otterranno piante in fiore solo dopo svariati anni. Per moltiplicare l’oleandro può essere effettuata anche la margotta o la talea e quest’ultimo è il metodo più rapido.
Come fare una talea di oleandro? I rametti tagliati andranno immersi fino a metà in un contenitore con acqua, che andrà posizionato alla luce del sole. Le giovani radici inizieranno a spuntare nel giro di una decina di giorni; quando si saranno irrobustite a sufficienza le nuove piante potranno essere trapiantate in dei vasi di dimensioni adeguate.
Malattie – Fra i pochi parassiti che possono danneggiare l’oleandro vanno tenuti d’occhio la cocciniglia, da combattere con somministrazioni di olio bianco a fine inverno, per ostacolare lo sviluppo delle uova quiescenti, e il ragnetto rosso, che colpisce gli esemplari in vaso. Ma è il cancro batterico è il nemico peggiore dell’oleandro: provoca sulla pianta tumefazioni che poi si spaccano, seccando il ramo all’apice e poi via via fino alla base.

Gli oleandri vengono spesso piantati lungo le autostrade, in quanto resistenti all’inquinamento
Nota – Quando sono italianizzati, i nomi delle piante (rosa, geranio, oleandro ecc.) vanno in minuscolo; restano maiuscoli quando si usa la corretta dicitura botanica che vuole il genere in maiuscolo e la specie in minuscolo: Rosa alba. Per alcune diffuse piante c’è confusione fra grafia italiana e latina. Per esempio, photinia o fotinia? La grafia latina è ormai usata anche nel linguaggio comune e si scrive photinia in minuscolo. Nel linguaggio comune esiste cioè la doppia grafia, piracanta e pyracantha.